lunedì 8 settembre 2014

IL MIO BISNONNO DAVIDE RIVA


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- Accanto al più generale soprannome di Riva di "Foi" i miei parenti Riva più prossimi condividono il più specifico soprannome de "I David"; ovvero i discendenti di Davide (Riva). 
Come già detto il mio bisnonno Davide Riva era forse l’unico (o certamente uno dei pochi) in grado di leggere in tutta la "Casìna" (s dura) (Cascina Bastoni, oggi S.Albino di Monza). Quando è morto, nel 1900 aveva 56 anni. Per cui deve essere nato nel 1844. L’anno di morte è certo perché è successo quando mio nonno Paulìn, suo figlio, era militare ed aveva appena prestato servizio come guardia d’onore ai funerali di Giuseppe Verdi, a Milano.
Un giorno (memorabile) Davide si era staccato dalla vasta famiglia del  “regiù” (reggitore, pater familias) Giovanni Riva. Giovanni, con figli, nuore e nipoti, abitava nella "Curt di Fopa", nell’odierna Via Marco d'Agrate. Oggi la corte non esiste più e al suo posto c'è il posteggio di fronte a Piazza Pertini (o "Piazza del sole"). La "Curt di Fopa" probabilmente si chiamava così perché all'interno c'era un avvallamento,  un buco (in dialetto “una fopa”; o chiusa) che con la pioggia si riempiva d'acqua fino a divenire quasi un piccolo stagno in cui, come dice mia madre, “sguazzavano le anatrelle”. Era una Corte appartenente alla Congregazione di Carità di Monza della quale i Riva coltivavano le terre. Vi abitava anche la famiglia Galbiati (quella di Don Mario Galbiati, fondatore di Radio Maria prima e di Radio Mater poi).
In quella mattina incriminata Davide non si era recato alla “vigna” a lavorare con gli altri perché un suo figlio molto piccolo, forse neonato, stava morendo. La sera il padre Giovanni gliene chiese conto e quando Davide rispose risentito ("sun sta a cà a vedè 'l mè bagai a murì!" – “sono rimasto a casa a vedere mio figlio che moriva”) il vecchio  non ammise questa mancanza di rispetto e gli mollò due sberle. La bisnonna Marièt, moglie di Davide, allora non volle più stare in famiglia. Così Davide prese la moglie e i figli e se ne andò. Si trasferì poco lontano, di fronte alla "piazzetta", in un locale libero. 
Venne in soccorso anche una fortunata combinazione. Zio Erculin, altro fratello di Giuanìn, era zoppo e probabilmente proprio per questo faceva il sarto a Monza anziché il contadino come destino di tutti i Riva in salute. Spesso Davide, la domenica, aiutava lo zio e dunque sapeva già fare qualche lavoretto di sartoria. La bottega in piazzetta (dove fino a qualche decennio fa c'erano degli ortolani) era libera e i miei bisnonni andarono ad abitarci. Così Davide iniziò a fare il sarto. Ma non erano ancora i tempi dell' "Italian fashion". Ricordando la sua infanzia col papà sarto il nonno Paulìn diceva sempre: "Por al sart, puaret i client, l'era ‘na miseria unica". 
Poi però Davide trovò una seconda occupazione e parallelamente all'attività di sarto svolse anche le funzioni di postino. Non è che a S. Albino il postino lo potessero fare in molti dal momento che erano quasi tutti analfabeti. 
E' probabile che il bisnonno Davide abbia imparato a leggere e scrivere da un prete. Esisteva infatti la scuola di catechismo e lì, secondo Edoardo Fossati, a chi era abbastanza sveglio insegnavano a leggere. A chi era molto sveglio insegnavano anche a scrivere. In realtà poi esisteva (ma credo a Monza) anche una scuola elementare e forse il piccolo Davide ci era andato. Va ricordato tra l’altro, che l’italiano era allora per il popolo una sorta di lingua straniera. Perfino il mio nonno Paulin che leggeva quotidianamente il giornale non imparò mai a pronunciare le z che, come le doppie, del resto, nel nostro dialetto non esistono. Mia madre ha trovato anche un promemoria autografo in cui Paulin segna verdure da acquistare e, esattamente come quando parlava, scrive “pressemolo” anziché prezzemolo (che in dialetto poi si chiama “erburìn”). Per mia madre stessa, maestra e buona conoscitrice anche del latino, l’italiano è stato acquisito come una seconda lingua, accanto alla vera lingua madre, quella in cui ancora pensa e sogna, che è il dialetto.
Del fatto che Riva Davide facesse il postino comunque siamo certi perché lo stesso già citato Edoardo Fossati ha trovato documentazione relativa a regolare concorso vinto dal bisnonno. Oltretutto nell'unica foto che lo ritrae con la moglie Maria Besana (uniti in realtà solo in virtù di un fotomontaggio) calza il berretto con fregio delle Regie Poste ben visibile.
Davide doveva essere un uomo minuto, come i suoi figli maggiori. Ha un bel viso fine, un'espressione intelligente e probabilmente ha gli occhi chiari. Credo celesti come mio nonno Paulìn e come mia mamma. Probabilmente aveva anche un’indole mite proprio come suo figlio Paulin. Purtroppo morì ancora relativamente giovane.











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