- Accanto al più generale soprannome di Riva di "Foi" i miei parenti Riva più prossimi condividono il più specifico soprannome de "I David"; ovvero i discendenti di Davide (Riva).
Come
già detto il mio bisnonno Davide Riva era forse l’unico (o certamente
uno dei pochi) in grado di leggere in tutta la "Casìna" (s dura)
(Cascina Bastoni, oggi S.Albino di Monza). Quando è morto, nel 1900
aveva 56 anni. Per cui deve essere nato nel 1844. L’anno di morte è
certo perché è successo quando mio nonno Paulìn, suo figlio, era
militare ed aveva appena prestato servizio come guardia d’onore ai
funerali di Giuseppe Verdi, a Milano.
Un
giorno (memorabile) Davide si era staccato dalla vasta famiglia del
“regiù” (reggitore, pater familias) Giovanni Riva. Giovanni, con figli,
nuore e nipoti, abitava nella "Curt di Fopa", nell’odierna Via Marco
d'Agrate. Oggi la corte non esiste più e al suo posto c'è il posteggio
di fronte a Piazza Pertini (o "Piazza del sole"). La "Curt di Fopa"
probabilmente si chiamava così perché all'interno c'era un
avvallamento, un buco (in dialetto “una fopa”; o chiusa) che con la
pioggia si riempiva d'acqua fino a divenire quasi un piccolo stagno in
cui, come dice mia madre, “sguazzavano le anatrelle”. Era una Corte
appartenente alla Congregazione di Carità di Monza della quale i Riva
coltivavano le terre. Vi abitava anche la famiglia Galbiati (quella di
Don Mario Galbiati, fondatore di Radio Maria prima e di Radio Mater
poi).
In
quella mattina incriminata Davide non si era recato alla “vigna” a
lavorare con gli altri perché un suo figlio molto piccolo, forse
neonato, stava morendo. La sera il padre Giovanni gliene chiese conto e
quando Davide rispose risentito ("sun sta a cà a vedè 'l mè bagai a
murì!" – “sono rimasto a casa a vedere mio figlio che moriva”) il
vecchio non ammise questa mancanza di rispetto e gli mollò due sberle.
La bisnonna Marièt, moglie di Davide, allora non volle più stare in
famiglia. Così Davide prese la moglie e i figli e se ne andò. Si
trasferì poco lontano, di fronte alla "piazzetta", in un locale libero.
Venne
in soccorso anche una fortunata combinazione. Zio Erculin, altro
fratello di Giuanìn, era zoppo e probabilmente proprio per questo faceva
il sarto a Monza anziché il contadino come destino di tutti i Riva in
salute. Spesso Davide, la domenica, aiutava lo zio e dunque sapeva già
fare qualche lavoretto di sartoria. La bottega in piazzetta (dove fino a
qualche decennio fa c'erano degli ortolani) era libera e i miei
bisnonni andarono ad abitarci. Così Davide iniziò a fare il sarto. Ma
non erano ancora i tempi dell' "Italian fashion". Ricordando la sua
infanzia col papà sarto il nonno Paulìn diceva sempre: "Por al sart,
puaret i client, l'era ‘na miseria unica".
Poi
però Davide trovò una seconda occupazione e parallelamente all'attività
di sarto svolse anche le funzioni di postino. Non è che a S. Albino il
postino lo potessero fare in molti dal momento che erano quasi tutti
analfabeti.
E'
probabile che il bisnonno Davide abbia imparato a leggere e scrivere da
un prete. Esisteva infatti la scuola di catechismo e lì, secondo
Edoardo Fossati, a chi era abbastanza sveglio insegnavano a leggere. A
chi era molto sveglio insegnavano anche a scrivere. In realtà poi
esisteva (ma credo a Monza) anche una scuola elementare e forse il
piccolo Davide ci era andato. Va ricordato tra l’altro, che l’italiano
era allora per il popolo una sorta di lingua straniera. Perfino il mio
nonno Paulin che leggeva quotidianamente il giornale non imparò mai a
pronunciare le z che, come le doppie, del resto, nel nostro dialetto non
esistono. Mia madre ha trovato anche un promemoria autografo in cui
Paulin segna verdure da acquistare e, esattamente come quando parlava,
scrive “pressemolo” anziché prezzemolo (che in dialetto poi si chiama
“erburìn”). Per mia madre stessa, maestra e buona conoscitrice anche del
latino, l’italiano è stato acquisito come una seconda lingua, accanto
alla vera lingua madre, quella in cui ancora pensa e sogna, che è il
dialetto.
Del
fatto che Riva Davide facesse il postino comunque siamo certi perché lo
stesso già citato Edoardo Fossati ha trovato documentazione relativa a
regolare concorso vinto dal bisnonno. Oltretutto nell'unica foto che lo
ritrae con la moglie Maria Besana (uniti in realtà solo in virtù di un
fotomontaggio) calza il berretto con fregio delle Regie Poste ben
visibile.
Davide
doveva essere un uomo minuto, come i suoi figli maggiori. Ha un bel
viso fine, un'espressione intelligente e probabilmente ha gli occhi
chiari. Credo celesti come mio nonno Paulìn e come mia mamma.
Probabilmente aveva anche un’indole mite proprio come suo figlio Paulin.
Purtroppo morì ancora relativamente giovane.
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