sabato 1 luglio 2017

PER LUCA, FIGLIO DEL MIO AMICO MARIO RECCHIA

Caro Luca, a parte il vivere nello stesso paese, la casa della tua nonna (Maria Fascia mi pare, che era una bella donna, piuttosto alta e che mi pare ti somigliasse) era di fianco al negozio di tessuti dei Riva che erano i miei nonni. Soprattutto io e tuo padre siamo stati in classe assieme in quarta elementare, un anno straordinario per tutti e due. I vari maestri di prima non capivano le difficoltà di un ragazzino figlio di immigrati pugliesi. Così gli davano cattivi voti. E lui ovviamente non amava la scuola. Poi in quarta avemmo un maestro straodinario, siciliano, che si chiamava Salvatore Crimi. Il tuo papà abitava al mulino e c'era una strada non asfaltata. Il maestro, per evitare che bigiasse andava a prenderlo ogni mattina. Spesso con il fango e la neve. Con lui la scuola fu un divertimento. Ci divise in "pattuglie" e io e Mario eravamo sempre assieme. Siccome io ero figlio di una maestra il compito era che noi facessimo tutto assieme. Il giovedì che stavamo a casa ci sentivamo persi. Allora ci si trovava lo stesso davanti a scuola. A fine anno Mario era bravo e appassionato. Ma il maestro era un tipo che dava fastidio. Per studiare il latte, per esempio, ci portava dai contadini e poi alla centrale del latte. Così al direttore rompeva le palle e l'anno dopo lo mandarono via nonostante tutti i nostri genitori avessero firmato una petizione. Mi ricordo come fosse oggi tuo padre attaccato al cancello della scuola che piangeva a dirotto il primo giorno di scuola. "Cosa succede Mario?" gli chiesi. "Hanno mandato via il maestro!". Così tornò la scuola di sempre e poco dopo a dieci o dodici anni il tuo papà lavorava un sacco di ore al giorno per mettere i pavimenti di linoeum. Ma noi siamo rimasti sempre legati da quella esperienza e ogni volta che ci si rivedeva era una vera gioia. Lui mi sorrideva sotto i suoi riccioli biondi, coi suoi occhi azzurri e il suo sorriso aperto e dolce. Gli voglio ancora tanto bene.

PS. appena trovo la foto di classe te la mando. 


Paolo

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