giovedì 28 dicembre 2017
MONZA DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE (MH OH)
dalla pagina FB di Rossana Valtorta
Monza....cercando altro mi sono imbattuta nella sua storia durante la seconda guerra mondiale..."e si sapeva" direte voi..."repetita iuvant" dico io....
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_di_Monza
La seconda guerra mondiale comportò per la città di Monza bombardamenti, distruzioni e vittime civili e, dopo il 1943, l'occupazione nazista.
Nel corso della guerra Monza non fu direttamente coinvolta in scontri ma fu oggetto di ripetuti bombardamenti e mitragliamenti da parte dell'aviazione anglo-americana durante tutti e cinque gli anni di conflitto: il primo bombardamento, dei razzi illuminanti a scopo intimidatorio, risale al 17 giugno 1940, appena sette giorni dopo l'ingresso dell'Italia in guerra, e l'ultimo nella notte dell'11 aprile 1945. Due sirene avvertivano la popolazione: una in centro città gestita dai vigili del fuoco e una, collegata alla prima, su un edificio della Philips in via Borgazzi, coadiuvate nel corso dei frequenti bombardamenti del 1945 dalla campana maggiore del Duomo di Monza. Le difese antiaeree cittadine, insufficienti, furono due batterie contraeree per tutta l'area di Monza e Lissone, spostate nel 1943, due mitragliere sulla Casa della GIL, e, dopo l'occupazione nazista, delle postazioni per cannoni poste fra San Fruttuoso e il Rondò. Le principali vie di comunicazione furono dotate di trincee paraschegge e durante il giorno addetti del comune ogni due o tre chilometri segnalavano con bandierine bianche l'avvicinarsi di velivoli nemici.[16]
Subito dopo le leggi razziali e ancor di più durante gli anni della guerra su pressione del podestà Ulisse Cattaneo, in Monza si verificarono persecuzioni nei confronti delle due famiglie ebree monzesi, i Colombo e i Levi, che avranno entrambe tra i loro componenti vittime nel campo di concentramento di Auschwitz[17], e di altri ebrei residenti o transitanti per Monza, i fratelli Nüremberg, il milanese sfollato Enzo Namias, morto anch'egli ad Auschwitz, e sette ebrei ricoverati presso la casa di cura Villa Biffi, tra cui Clara Finzi, deportata dopo il parto, e Dorotea Pisetzky, malata psichica deportata al campo di concentramento di Bolzano presso Gries e uccisa dalle sevizie delle guardie, oggi sepolta nel campo ebraico del Cimitero Monumentale di Milano.[18]
Già durante i primi anni di guerra erano attivi in Monza dei gruppi antifascisti che si riunivano clandestinamente nello studio dell'avvocato Fortunato Scali. Nel corso del 1943, un gruppo di antifascisti monzesi[19], guidati da Gianni Citterio, militante del PCI e figura centrale della Resistenza cittadina, fondarono il "Fronte di azione antifascista", organizzazione politica clandestina che stampava anche il giornale "Pace e Libertà" nella casa di Antonio Gambacorti Passerini presso Olgiate Calco, fino alla caduta del fascismo nel settembre 1943. Il gruppo fu attivo nella propaganda antifascista, mediante la diffusione di volantini e di manifesti, e sarà la base da cui si costituirà il CLN monzese[20].
Nella resistenza cittadina è da ricordare anche la figura del monzese Giovanni Battista Stucchi, alpino tornato dalla spedizione italiana in Russia che si unì alla lotta partigiana dopo la caduta del Fascismo nel 1943, ricoprendo ruoli di primo piano come membro socialista del Comando militare del CLNAI e Comandante militare unico della Repubblica partigiana dell'Ossola[21].
L'8 settembre 1943, in occasione dell'armistizio, Gianni Citterio, con i membri del "Fronte d'azione antifascista" e i rappresentanti dei partiti democratici, si rivolse alla cittadinanza dal balcone del Municipio, incitando i monzesi alla resistenza e alla lotta armata contro il fascismo e contro l'invasore tedesco.
Pochi giorni dopo, il 12 settembre 1943, ebbe inizio l'occupazione nazista di Monza, le truppe della Wehrmacht entrarono in città e insediarono il comando presso il macello comunale (tra via Mentana e via Buonarroti). Seguì una capillare occupazione della città con la complicità dei comandi fascisti locali, l'insediamento del comando di piazza nella casa del Fascio, di un presidio militare presso San Fruttuoso e del comando operativo delle SS per tutta l'Italia settentrionale ovest nelle ville attorno la Villa Reale. Nel corso dell'occupazione, dall'aprile 1944, si distinse per brutalità e torture l'Ufficio politico investigativo, istituito dai fascisti repubblichini in dipendenza della Guardia Nazionale Repubblicana con compiti di investigazione e repressione dei reati politici, di cui uno dei tre distaccamenti aveva sede in Monza. La repressione antipartigiana, in collaborazione coi tedeschi, fu portata avanti con interrogatori violenti e torture sistematiche nella Villa Reale e nelle adiacenti ville di via Tommaso Grossi, nel macello comunale, dirimpetto al carcere di via Mentana allora in uso, e nella Casa della GIL, oggi Urban Center[22][23]. Nel quadro della repressione fascista furono attive anche le Brigate Nere cittadine, con soprusi e requisizioni alla popolazione, e la "Banda Pennacchio", una banda di repressione aggregata al comando delle SS monzese.
Negli anni dell'occupazione in città si verificarono anche cinque esecuzioni sommarie.
Il 9 aprile 1944 quattro militari bresciani (Salvatore Livolsi, Giuseppe Medaglia, Antonio Simoni e Battista Zambelli), di stanza al Casermone del Rondò, furono immediatamente fucilati dopo essere stati uditi cantare in camerata Bandiera Rossa.
Il 17 aprile 1944, due partigiani di Lissone, Remo Chiusi e Mario Somaschini, accusati di un attacco con bombe a mano nella loro città, furono torturati nella Villa Reale e poi uccisi nei pressi.
Il 9 novembre 1944 due partigiani di un gruppo di Arcore, il capo del gruppo Giuseppe Centemero e Alberto Paleari, monzese più volte sfuggito alla deportazione per lavoro coatto, furono catturati dai fascisti, torturati alla Casa del Fascio e, già moribondi, uccisi con un colpo di pistola in Piazza Trento e Trieste.
Il 25 gennaio 1945 Vittorio Michelini, Raffaele Criscitiello e Alfredo Ratti, capo e membri della cellula monzese del Fronte della Gioventù, il movimento partigiano fondato da Eugenio Curiel, furono catturati dopo un'azione per tentare di sottrarre delle armi alla caserma di via Volturno, torturati nella Villa Reale e poi fucilati nei Boschetti reali.
Il 16 marzo 1945, in seguito all'uccisione di un maresciallo tedesco mentre passeggiava con una giovane donna, di cui esecutore e motivazioni restano sconosciute, furono condotti in via Silvio Pellico nello stesso luogo dell'assassinio, cinque giovani reclusi nel carcere di Monza per attività antifasciste: Pietro Colombo, Luigi dell'Orto, Giovanni Inzoli, Giuseppe Malfasi e Gianfredo Vignati, e lì fucilati per rappresaglia. I tedeschi obbligarono i passanti, tra cui alcuni bambini, ad assistere alla strage.[24]
A queste occorre aggiungere l'uccisione delle uniche due cadute della Resistenza brianzola, entrambe operanti a Monza: Salvatrice Benincasa, catanese di nascita, arrestata con l'accusa di spionaggio durante una missione di infiltrazione presso i comandi tedeschi di cui restano sconosciute circostanze e obiettivi, torturata nella Casa della GIL e uccisa il 18 dicembre 1944 al vicino ponte sul Lambro; e Elisa Sala, già più volte arrestata e seviziata, torturata nella Villa Reale e uccisa a Sovico da membri dell'Ufficio politico investigativo il 17 febbraio 1945.[25]
La mattina del 25 aprile 1945, con la città ancora sotto occupazione nazista e con un'ingente presenza fascista, mentre le brigate partigiane calavano da tutta la Brianza, i membri del CLN monzese cercarono un incontro con il comando tedesco per evitare scontri sanguinosi e rappresaglie sulla popolazione. Tale colloquio segnò anche l'ultima presenza documentata del sergente delle SS Siegfried Werning, criminale di guerra che farà perdere le proprie tracce. L'incontro, senza che si raggiungesse un accordo di resa, comportò una "tregua d'armi" dettata dallo stallo a partire dalle ore zero del 25 aprile stesso, per cui i tedeschi non interferirono con gli eventi dell'Insurrezione, riuscendo così a limitare gli scontri armati avvenuti in città tra il 25 e il 26 aprile 1945, che registrarono però alcune vittime civili.[26] Il 26 aprile si insediò il CLN in Municipio e venne nominato primo sindaco della Liberazione il socialista Enrico Farè, membro del CLN e già ultimo sindaco della città prima del Fascismo, che il 30 aprile nominò la giunta municipale.
Il 29 aprile 1945 fecero il loro ingresso in città i militari americani della 1ª divisione corazzata, prendendo contatto, grazie alla mediazione dell'arciprete di Monza monsignor Giovanni Rigamonti, con le SS ancora asserragliate nel loro quartier generale e imponendogli la resa. Il 30 aprile 1945 i tedeschi lasciarono quindi la città.[27]
Al termine della guerra Monza contò ottantatré caduti per mano nazifascista tra partigiani e deportati, tra cui Gianni Citterio, decorato con la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria, Ferdinando Tacoli, Medaglia d'argento al valor militare alla memoria, a cui è stata dedicata la scuola elementare situata nel quartiere Triante, e Elisa Sala.
ps. in realtà i soli deportati deceduti furono 92 (Milena Bracesco)
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