mercoledì 28 agosto 2024

LUALDI CECILIA, ZIA DI MIA NONNA VIRGINIA BERTANI

La "Zia Cecilia" era sorella della mia bisnonna Maria Lualdi (Mioeu) e zia di mia nonna Virginia Bertani. Era di Busto Arsizio ed era una "beateura" (una suora laica). Ricordo che fu la "sorvegliante" delle prime passeggiate dei miei nonni. Ricordo anche un Sacro cuore di Gesù, un grande quadro, che era un suo regalo. Doveva avere una certa personalità.

TERUZZI EUGENIO, MIO BISNONNO PATERNO

Di lui non so molto. Era contadino, suppongo povero. Sicuramente però aveva almeno un cavallo ee di certo una mucca perché il mio papà da piccolino gli chiedeva : "Nonu, al lacìn!" ("Nonno, un po' di latte!"). E Eugenio andava alla stalla e glielo portava appena munto e cremoso.  Aveva anche un cavallo col quale  assolveva anche il compito di girare con la "bunza", una specie di grossa damigiana con cui innaffiava le strade per abbattere la polvere. Si dice che il cavallo fosse tanto ben addestrato da compiere da solo tutto il tragitto mentre Eugenio dormiva tranquillo sul carro. Guglielmo, cugino di mio padre ricorda di averlo visto intabarrato davanti alla stufa. La zia Pinuccia lo ricorda piuttosto severo, ma forse era il costume che tutti i pater familias (i régiù) erano tenuti ad assumere, anche perché dovevano "governare" famiglie vastissime. Mia pare che mio padre dicesse che potevano essere in 36 e che quando si mangiava prima mangiavano i maschi, seduti al tavolo, e solo poi le donne, ma in piedi! Il Pa' Ugèni era soprannominato "Al puèta".  Non so da dove venisse il soprannome.  Forse sapeva leggere e scrivere e questo poteva bastare a farne un letterato. Di certo svolgeva anche in chiesa un qualche ruolo. Infatti prima delle funzioni dirigeva le preghiere dei fedeli esordendo sempre con la formula "Fratelli cari, siamo qui riuniti....".

Mio papà Renato amava cavalcare a pelo il cavallo del nonno Eugenio. Cosa proibita! Una volta mentre correva a cavallo sulla sponda del canale Villoresi si fece una brutta ferita all'addome con un ramo. Non potendo confessare la malefatta per un bel po' si curò da solo applicando alla ferita la corteccia del sambuco che è emostatico.

Ciao Puèta!

LINDSEY PEYER IN VISITA (8-7-2019)

 8-7-2019  - Paolo,  many wonderful greetings to you and your family.  I am so happy that you have had the opportunity to meet my granddaughter Lindsey. She was really looking forward to finally getting to know your family.  I hope you and your wife are well and that you can come and visit me in Switzerland this August. I will be at our chalet from Aug.17 to 25 and again from Sept 1 to 5 . The time I am away I will be in the Netherlands with Danny and Wendy when we attend Lindsey’s graduation with her Masters in International Law from the University of Leiden.  We are very proud of her achievement.  Sending much love    Mabel

ATONIO TERUZZI, MIO NONNO PATERNO, PRIGIONIERO A 17 ANNI...

 A MIO NONNO ANTONIO TERUZZI, PRIGIONIERO DEGLI AUSTRIACI A 17 ANNI    


QUANDO LO STATO ITALIANO CONVINSE I PADRI AD ODIARE I FIGLI SOLO PERCHÉ NON ERANO MORTI A CAPORETTO: LA STORIA DEI 100.000 PRIGIONIERI ITALIANI MORTI DOPO ESSERE STATI ABBANDONATI E CALUNNIATI DAI NOSTRI VERTICI MILITARI

“Tu mi chiedi il mangiare, ma a un vigliacco come te non mando nulla; se non ti fucilano quelle canaglie d’austriaci ti fucileranno in Italia. Tu sei un farabutto, un traditore; ti dovresti ammazzare da te. Viva sempre l’Italia, morte all’Austria e a tutte le canaglie tedesche: mascalzoni. Viva l’Italia viva Trieste italiana. Non scrivere più che ci fai un piacere. A morte le canaglie.” 

Così un padre da L’Aquila, rispondeva alla missiva del figlio, prigioniero a Mauthausen. La lettera agghiacciante è una delle tante ritrovate negli archivi militari e purtroppo esprime bene quale fosse l’opinione che almeno una parte del paese nutriva verso gli italiani internati in Austria. Dopo la disfatta di Caporetto, i vertici militari, le autorità politiche e la monarchia, non potevano certo assumersi l’onere del disastro. E così decisero di scaricare la responsabilità del cataclisma sulla testa dei poveri soldati. Di certo se il fronte aveva ceduto non era per ragioni tattiche, strategiche, per l’impreparazione dei comandi, per l’assenza di adeguati armamenti. Se il fronte aveva ceduto era per colpa di un complotto filo-austriaco, per la viltà dei fanti, per l’incapacità degli ufficiali subalterni. Oggi oltre che farci inorridire queste tesi ci lasciano sgomenti, ma all’epoca la propaganda martellante, il patriottismo esasperato e il deliro bellicista, portarono numerose persone a credere ciecamente alla teoria del tradimento. Teoria che tra i suoi nobili sostenitori annoverava il prode D’Annunzio, il quale non esitò a definire i prigionieri come “imboscati d’Oltralpe”. La conseguenza di questa divulgazione fu, in molti casi, la rescissioni dei legami di sangue che univano le famiglie. In tanti si rifiutarono di adempiere alle richieste dei propri cari. Tutti coloro, che, invece, fedeli al vincolo d’amore, inviarono viveri dovettero fare i conti con i controlli governativi, che bloccarono centinaia di pacchi destinati ai nostri ragazzi. Cosa che nessuno degli altri paesi in guerra osò mai fare. Le conseguenze furono terribili. Dei 600.000 prigionieri italiani, 100.000 morirono di fame e malattie senza che il nostro governo muovesse un dito. Molti di loro con le ultime forze scrissero lettere accorate a quei familiari che ormai li detestavano. Erano ragazzi mandati a combattere un conflitto che non gli apparteneva, che avevano assaltato trincee, versato sangue ed ucciso in nome di una Patria a cui non importava nulla di loro. Lettere di ragazzi a cui i vertici militari avevano tolto tutto, compreso l’amore dei cari, grazie ad una propaganda bellicista di cui tante volte, tanti uomini sono stati vittime. Perché come diceva Eschilo, già 2500 anni fa, in guerra la verità è la prima vittima.   

Cannibali e Re

VISITA DI DEVON, HENRY E COLEEN PEYER

  Hi Paolo, I want to thank you again for such a wonderful evening...yet again you brought family that we did not know to meet us and they are wonderful. Devon had sooo much fun meeting everyone for the first time...he will never forget this. Truly hope that all of you will one day come and visit us in Canada. It would be our pleasure to have any and all of you as our guests. Please know that any family member is always welcome in our home. Ciao and love to all of you. Colleen, Henry, Luke and Devon Peyer. 


Ciao Paolo, Voglio ringraziarti ancora per una serata così bella ... Ancora una volta hai portato ad incontrarci membri della famiglia che non conoscevamo e sono meravigliosi! Devon si è divertito moltissimo incontrando tutti per la prima volta ... non lo dimenticherà mai. Spero davvero che tutti voi un giorno possiate venire a trovarci in Canada. Ci piacerebbe molto avere ciascuno di voi come nostro ospite. Vi assicuriamo che ogni membro della famiglia sarà sempre il benvenut o nella nostra casa. Ciao e tanto affetto per tutti voi. Colleen Henry Luke e Devon Peyer.

ANTONIO TERUZZI, MIO TRISNONNO PATERNO

 Antonio Teruzzi (mio trisnonno paterno) veniva da Monza. 

Aveva un fratello Carlo e nove sorelle: Clementina (detta "Ghiassa" che penso significasse la "mater familias" o "régiura"; probabilmente era la più anziana e assolveva a quel ruolo), Lucia, Filomena, Caterina,  Peppina (sposata a Monza), Rusoeu (sposata a San Fruttuoso), Margherita, detta Ghita (moglie di un Tagliabue delle famose raffinerie di Monza), più altre due di cui mia mamma non si ricorda il nome. 

Antonio Teruzzi aveva anche un fratello: Teruzzi Carlo, sposato ad una Pozzi che pare fosse un po' disturbata e che alla fine si uccise. Questo Teruzzi Carlo partì con tre figli da Genova per l'America. Probabilmente per il Brasile perché qualche anno fa ho trovato il suo nome  ma anche quello del mio bisnonno e di mio nonno (con precise date di nascita) in un sito familiare di un brasiliano che però mi disse che il tramite era una ex compagna di un cugino della quale aveva perso ogni contatto.

lunedì 29 aprile 2024

BRAMBILLA ANTONIO, MIO BISNONNO PATERNO (MH OK)

 

Antonio Brambilla

Alcune notizie tratte dall'albero genealogico (da MyHeritage) del Sito famiglia Colombo-Tremolada, amministrato da Norma Sofia Tremolada. 

Non sono certo al 100% ma dovrebbero riferirsi al mio bisnonno.

·        Nascita16 nov 1875 - Monza, Cascina de Bastoni

·        Genitori Fruttuoso Brambilla, Maria Brambilla (nata Sirtori)

·        Fratelli e sorelle: Carlo Brambilla, Carolina Villa (nata Brambilla), Carlo Giovanni Brambilla, Giuseppa Rachele Brambilla, Filomena Maria Brambilla

·        Moglie Rosa Stella Brambilla (nata Gavazzi)

 

venerdì 26 aprile 2024

ACQUATI ONORATO, CUGINO DI MIO PADRE (MH OK)

 Acquati Onorato era figlio di una cugina di mia nonna Egidia Brambilla. L'ho conosciuto solo di sfuggita ma sicuramente a San Damiano è stato una figura di rilievo per il suo impegno  nella gestione della Cooperativa.




I PARENTI (RIVA) DI DURSTELEN (SVIZZERA)

 

Da sin: Cèdric Peyer, Mabel Rogers Peyer (moglie di Kurt), Edi Peyer (padre di Cèdric e bisnipote di Riva Guido), e Paolo Teruzzi (nipote di Riva Paolo che era fratello di Riva Guido)
 







Da Cédric Peyer  (discendente di Riva Guido, fratello di mio nonno Riva Paolo) 

Ciao, Paolo. Non sei affatto noioso. Ti è concesso di dimenticare i nomi. Succede nella vita e se ci vediamo solo una volta ogni 10 anni, è perfettamente comprensibile. A proposito: sono un insegnante di scuola secondaria e ho a che fare con le persone ogni giorno. Mi capita molto spesso di dimenticare i nomi. Ora prendo dei piccoli appunti per evitare che mi succeda così spesso. Ho semplicemente interessi molto profondi e specializzati e i nomi non sono tra questi. Quindi, vedi, non siete noiosi se chiedete i nomi più volte.

Ecco le risposte:

  • ·       Io Cédric Yves Peyer (1975),
  • ·       mia sorella Sibylle Carmen Waldvogel-Peyer (1977),
  • ·       mio fratello Dominik André Peyer (1978),
  • ·       mio padre Eduard Peyer (1947)
  • ·       mia madre Verena Peyer (1951)
  • ·       Bettina Sterkele (?) compagna di vita di Dominik André
  • ·       Peter Waldvogel marito di Sibylle Carmen.
  • ·       Figli di Sibylle e Peter: Laurin, Maurus, Nathan.
  • ·       Figli di Dominik e Bettina: Lenny e Gina (due gemelli).

Forse devo disegnare l'albero genealogico per rendere più chiare le relazioni. O forse farò di nuovo visita alla mia famiglia italiana alla fine di aprile o giù di lì. Cosa ne pensate?

Saluti da Dürstelen da Cédric  - 2024





giovedì 28 marzo 2024

RIVA ENRICA MIA MADRE (MH OK)






Enrica da bambina


Enrica maestra


col piccolo Paolo e zia Chiarina davanti al negozio di Irene a Cederna




Il suo Renato, amore di una vita intera..e oltre




Ciao ICCA!








Riva Enrica è nata a Monza il 24/5/1926. Morta a Monza il 17/7/2015. Figlia ultimogenita di Riva Paolo e Bertani Virginia, due grandi genitori. Era bionda con occhi grigio azzurri. Vivace e sveglia. Da piccola era un maschiaccio. Fin da bambina lei e Renato Teruzzi (suo futuro marito e mio padre) simpatizzano e presto si fidanzano. A vent'anni Renato si ammala di TBC. Tutti le sconsigliano di proseguire la relazione ma lei non molla. A quei tempi la TBC è ancora una malattia mortale ma dopo circa due anni Renato guarisce (anche se ha un polmone compromesso) anche grazie ai medici della Falck dove lavora, che gli vogliono bene e fanno arrivare il chinino dall'America. Enrica intanto è diventata maestra diplomandosi alle Canossiane di Monza. Ha imparato canto da Monsignor Baraggia. Ha una bella voce ma soprattutto è molto intonata. Per anni canterà nel coro della chiesa con Renato che ha una bella voce baritonale. Alle magistrali ha imparato anche a disegnare. Le nostre gite da bambini sono contrassegnate dal canto. Enrica fa solfeggiare me e Emilia e con Renato si cantano tutti i canti della montagna e le canzoni popolari. A scuola farà solo delle supplenze perché si sposa abbastanza presto e quando ha 24 anni nasco io, Paolo. Da allora fa solo ripetizioni in casa ottenendo sempre ottimi risultati, non lesinando anche qualche scappellotto. Ma erano i tempi in cui le mamme chiedevano anche questo agli insegnanti. Da giovanissima si occupa di politica per la Democrazia Cristiana. Ma è progressista come Renato che è vicino all'ex partigiano Marcora. Come si usava allora gli impegni di famiglia la escludono un po' dalla vita pubblica anche se segue da vicino gli impegni di Renato, specie offrendo la sua valida collaborazione nel lavoro di costruzioni in cooperativa: lei capisce i disegni dei progetti molto meglio di Renato. Probabilmente avrebbe potuto dedicarsi con successo ad attività sociali e politiche e la condizione di casalinga le è andata molto stretta. Nel 1956 nasce Emilia, la secondogenita. Qualche anno dopo perde un terzo bambino attorno ai sei mesi di gravidanza. Segue un periodo di forte depressione. A soli 56 anni, dopo 40 anni e oltre di lavoro, muore Renato ed Enrica è come un albero spezzato in due. Per fortuna ha tre nipotine (Iris, Venitha e Lovely; poi arriverà anche l'amato Stefano detto "Pepi") da accudire la mattina e questo la obbliga a reagire. Adora le sue nipotine indiane tanto che per la prima volta vola fino a Roma per ricevere e godersi Venitha di ritorno dall' India con la piccola Lovely prima della ressa di Linate. Resta per tutta la vita il riferimento solido per tutti noi. Si occupa di tenere la casa in ordine, di farla adeguatamente manutenere. Ne capisce di muratura. E' appassionata di giardinaggio. Vive gli ultimi anni in simbiosi con la cagnolina Pimpi. A 70 anni si mette a studiare inglese per seguire qualche allievo nei compiti e ovviamente lo fa col solito impegno e con successo. Conosce benissimo il latino. Si spegne di vecchiaia a 89 anni dopo aver gestito per anni con coraggio e senza pesare su nessuno un tumore. Ha adorato i suoi genitori e ha amato i fratelli Amelia ed Emilio. Dopo l'emorragia cerebrale subita dalla sorella Amelia ha fatto alzare la casa di un piano e l'ha fatta tornare a S. Albino per darle assistenza. Per la nipote Luisa, orfana di padre, ha fatto da mamma e da papà. Ha amato molto il suo primo nipote Paolo Riva, figlio di Emilio. Paolo veniva spesso a confidarsi negli anni della malattia che lo ha portato ad una morte prematura. Anche lui molto coraggioso confidava: "Zia mi preoccupo solo di assicurare ai miei figli un futuro sereno". Cosa che riuscì a fare. Enrica era una persona generosa. Dopo la morte prematura della vicina Liliana ha ospitato e accudito con grande affetto per quasi un anno la piccola Paola, rimasta orfana di madre. E l'ha ricordata con amore per tutta la vita. Ha avuto per tutta la vita in Angelina Caprotti un' amica del cuore. A tutti gli africani di passaggio non ha mai lesinato un' offerta ma spesso anche l' invito ad entrare in casa perché si riposassero e rifocillassero un po'. Ancora oggi il non più giovane Mosè passa da noi ogni settimana e la ricorda. Enrica ha fatto per tutta la vita offerte regolari ad alcune opere caritative come il villaggio del fanciullo di Bologna. Da sposini i miei si erano interessati anche per entrare nella comunità di Don Zeno Saltini a Nomadelfia. Enrica era religiosa ma non bigotta. La fede per lei era una opzione intellettuale e la scelta di ancorarsi a dei principi di valore più che una granitica certezza. In questo era diversa da Renato che era meno intellettualmente inquieto e che spesso ripeteva: "Ha creduto gente più in gamba di me per cui...". Enrica era una persona forte e fragile allo stesso tempo. Aveva un carattere focoso. Era schietta e odiava l'ostentazione e l'ambizione. Piegata dalla depressione e poi dalla inaccettata morte prematura di Renato si è risollevata per amore di tutti noi ed è stata fino alla fine un riferimento solido e indispensabile. Per qualsiasi consiglio o necessità sapevamo di poter contare tutti su di lei. Era una persona vivace, intelligente, con il culto dell'onestà e della sincerità. Una bella persona.



lunedì 4 marzo 2024

MARTINENGO DINO - REGORDA ANGELA (MH OK)

Martinengo Dino era l'ultimo di 4 fratelli. Era un "milanesone" anche se i genitori erano di origine veneta. Era un omone e si dedicò al pugilato come peso massimo. Collaborò anche col celebre allenatore Raffa. Allenò un cugino di nome Fabiani, anche lui di origine veneta, che era una grande promessa ma che morì molto giovane in un incidente stradale. Dino lo ricordava sempre. Dino aveva i capelli bianchi perché in guerra gli era esplosa una bomba vicino. Però da giovane lo chiamavano il "Moro" per la sua carnagione scura e olivastra. (Venitha chiese se era indiano!). Nonostante la mole era tenero. Adorava la moglie Angela Regorda che era una persona di straordinaria simpatia e vitalità. L' "Angiuleta" era inarrestabile e creativa: dipingeva quadretti naive e cucinava con passione. Faceva la cartolaia e faceva da mamma a tutti i militari di origine meridionale che arrivavano nella sua cartoleria di Dergano. In cambio imparava da loro le ricette del Sud. Dino era sempre ai suoi ordini e lei lo comandava ma con dolcezza. Lo accudiva come un bimbo ricambiata da un' affetto sconfinato. La Angiuleta era generosa e quando il cognato Rino (mio suocero) si ammalò non mancava di recarsi ogni domenica da lui per fargli compagnia. Arrivava con la borsa (la sua "gaetana") e tutto il necessario per cucinare. Dino e Angela hanno avuto due figlie: Elisa e Elena. Credo siano state la coppia più tenera, simpatica, innamorata e generosa che abbia mai conosciuto.




L'Angiuleta con Elena


venerdì 9 febbraio 2024

RIVA AMELIA (MH ok)





Riva Amelia è stata una persona affabile e sorridente. Ha avuto una passione immensa per il suo lavoro di "mercante", un lavoro che allora poteva garantire buoni guadagni, cosa che non disdegnava, ma anche ricco di  relazioni umane che apprezzava. Ai tempi era un lavoro che doveva garantire ai clienti totale disponibilità ma che aveva i suoi pregi. In famiglia si diceva: "Mesterasc, danerasc"  (mestieri ingrati, ottimi guadagni). Anche lei a sera trovava grande soddisfazione a vedere il cassetto pieno di soldi. Ma alle volte in alta Valle Brembana doveva spalare la neve di primo mattino e prepararsi la piazzuola del mercato. Era pratica. Non aveva grossi interessi culturali ma era socievole e generosa. Si è sposata tardi ed è rimasta vedova molto presto. A 49 anni, la vita di Amelia è stata improvvisamente sconvolta da un' emorragia cerebrale che ha messo a repentaglio la sua capacità di parlare e comunicare. Con determinazione e forza d'animo, ha affrontato il difficile percorso di riapprendere a parlare da zero iniziando dalle preghiere apprese nell'infanzia. In questa occasione è tornata a vivere a Sant'Albino con la figlia Luisa Garofano, in modo da stare vicina ai fratelli Enrica ed Emilio. Ha vissuto a lungo con sua madre Virginia Bertani. La sua lotta contro le avversità non si fermava qui. Per oltre dieci anni ha combattuto una battaglia contro il cancro, affrontando ogni trattamento e ogni ostacolo con un coraggio ammirevole. Nonostante le sofferenze fisiche, il suo spirito è rimasto forte e positivo, senza mai pesare sugli altri con la sua situazione. Quello che va ricordato di Amelia Riva è soprattutto il suo sorriso contagioso e le sue allegre risate. Era una persona che amava profondamente la figlia, i nipoti e i familiari, compreso quelli acquisiti di Zogno. Il suo amore per la vita nonostante tutto, la sua forza e la sua gentilezza continueranno ad ispirare per sempre coloro che l'hanno conosciuta.

Mi ha voluto tanto bene e io non la dimentico.

Paolo

sabato 3 febbraio 2024

TERUZZI RENATO, CAVALIERE DELL' ORDINE "AL MERITO DELLA REPUBBLICA" (mh ok)

 Il 27/12/1976, all'età di 50 anni, sei anni prima della sua morte, nostro padre venne insignito del titolo di Cavaliere dell' Ordine "Al Merito della Repubblica"  "in considerazione di particolari benemerenze" con atto sottoscritto dal Capo del Governo e dal Presidente della Repubblica. Mia madre era talmente insensibile alle lusinghe del riconoscimento sociale che nessuno di noi accompagnò il poveruomo a ritirare l'onorificenza. Né il diploma fu mai incorniciato. Giacque in un cassertto assieme alla relativa medaglia. Questo vuole essere un piccolo, anche se postumo, risarcimento per quest'uomo davvero speciale.









vedi anche qui:

https://www.quirinale.it/onorificenze/insigniti/1586612

martedì 31 ottobre 2023

SONO MARIA LUISA BESANA (LA NONNA MARIET) (MH OK)

 


English translation   

I am Maria Luisa Besana (called "grandmother Marièt" by my grandchildren). I was born in 1852, in Bernareggio, a few km from Monza.

My father was called Luigi Besana, my mother was Angela Nava. They were from Villanuova (near Bernareggio). I was orphaned when I was a very young child and I started working very early. They loaded me onto a wagon on Monday morning and took me to work in a spinning mill in Germanedo (near Lecco). I only came home on Sundays. I brought with me a pair of panties and some brown bread. We children spent the whole day with our hands in boiling water to take the end of the silk thread from the cocoon. I had a brother and a sister younger than me. I lived in a courtyard in Bernareggio which, when looking at the church, is on the right. My cousins ​​called Vertemati have always been close to us.
I took Davide Riva as my husband. He was born in 1844, in Cascine Bastoni - Monza. His profession was tailor and postman. He could read! I was illiterate but I had a natural ability to do calculations, which was very useful when we opened the shop that sold fabrics and a bit of everything. Many say I was pretty smart. My grandchildren who were now high school graduates tried to teach me to read but by then I was too old and I learned to spell but not to join the syllables. However, they say I was quite intelligent and ready with a joke. We had 7 children: Guido, Paolo, Chiarina, Demetrio, Giuseppe, Irene (who was very beautiful and shy and who died at just 20 years old) and a child who died immediately.
Davide was a rather sweet and kind man. His father Giovanni, on the other hand, was, as was once customary, a very authoritarian patriarch. On the other hand, his wife Anastasia Majno, who was very small, was very good and sweet. One day our little one died and Davide didn't go to work with the others in the vineyard. Father Giovanni, at the table in the evening, rudely asked him why. Davide resentfully replied that he had been at home to watch his son die. Giovanni slapped him for the tone he used in replying. So I immediately told Davide that I no longer wanted to stay in that house. So we left on the spot and were hosted in a small apartment of uncle Ercole Riva, known as "Erculin", Giovanni's brother. Despite all these trials, my life was peaceful and I faced it with serenity, with my character which was strong and lively. I have had good children and several generations of grandchildren of whom I am proud.

mercoledì 10 maggio 2023

DAL CANADA A MONZA PER SCOPRIRE LE LORO ORIGINI E PRANZARE DA PIZZAUT (with english translation) (mh ok)

 https://www.monzatoday.it/attualita/famiglia-riva-canada-pizzaut.html


Dal Canada a Monza per scoprire le loro origini e pranzare da PizzAut

Un viaggio alla scoperta delle radici quello fatto dai discendenti di Guido Riva

Dal Canada a Monza per scoprire le loro origini e pranzare da PizzAut
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Alla fine del 1800 Guido Riva aveva abbandonato l’Italia. Addio agli amici, ai parenti: quel giovane lasciava la sua Sant’Albino per realizzare il grande sogno di un futuro migliore. Oggi, a quasi un secolo e mezzo da quell’addio, i discendenti di Guido Riva hanno voluto ritornare alle origini. Dal Canada dove vivono e hanno realizzato il grande sogno di molti italiani che come il loro antenato avevano lasciato il Paese, nei giorni scorsi sono tornati in Italia, in quel quartiere di periferia da dove è iniziata la loro bellissima storia.

Cugini italiani famosi 

Qui hanno incontrato il cugino. Anche lui a Monza ha realizzato un grande sogno: creare uno dei canili ( o meglio rifugi) più belli e accoglienti d’Italia. È infatti Giorgio Riva, presidente dell’Enpa di Monza, uno dei parenti di quel Guido Riva che ha fatto grande il nome di Monza (e più precisamente di Sant’Albino) anche all'estero. Ma non solo. Gli eredi di Guido Riva hanno incontrato anche suor Maria Gloria Riva, anima della comunità religiosa di Pietrarubbia, vicino a San Marino. 

I cugini da PizzAut

Riva eredi Sant'Albino Pizzaut
Riva eredi Sant'Albino Pizzaut

Poi i discendenti canadesi hanno ammirato il rifugio di via San Damiano, hanno pranzato da PizzAut la pizzeria monzese inaugurata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e gestita da persone autistiche salita agli onori della cronaca anche perché i pizzaioli speciali hanno ribattezzato quella pizza la “più buona della galassia conosciuta”. In Canada i discendenti di Guido, partito da un villaggio in cui abbondavano solo figli e miseria, gestiscono un' importante azienda che si occupa soprattutto di grandi impianti di stoccaggio e affiancano alla loro attività professionale una grande sensibilità per le questioni sociali. La giovane Lynsi è avvocato a Londra e si occupa di tutela dei diritti umani.

Chi era Guido Riva

Riva Guido ai primi del 1900 fu impegnato nel nascente movimento socialista. Gestì a Zurigo un locale che ancora esiste (Il Cooperativo) e che era punto d'incontro per socialisti ed anarchici da tutta Europa. Ospitò tra gli altri anche Mussolini prima della sua svolta fascista. Il futuro Duce era in Svizzera renitente alla leva ma, secondo quanto tramandato in famiglia Riva era anche poco incline al pagamento di vitto e alloggio. Quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale tornò volontariamente in Italia per difendere il Paese. Poi tornò a Zurigo ma durante i primi anni del nazismo il Cooperativo pullulava di soldati e ufficiali tedeschi e Guido preferì tornare a Monza dove morì pochi anni dopo. 


english translation

From Canada to Monza to discover their origins and have lunch at PizzAut

A journey to discover the roots made by the descendants of Guido Riva


At the end of the 1800s Guido Riva had left Italy. Goodbye to friends, to his relatives: that young man left his Sant'Albino (Monza) to realize the great dream of a better future. Today, almost a century and a half after that farewell, the descendants of Guido Riva have wanted to go back to their origins. From Canada where they live and have fulfilled the great dream of many Italians who, like their ancestor, had left the country, have recently returned to Italy, to that suburban neighborhood where their beautiful story began.

Famous Italian cousins

Here they have met their cousin. He too realized a great dream in Monza: to create one of the most beautiful and welcoming kennels in Italy. It is in fact Giorgio Riva, president of the Enpa of Monza, one of the relatives of that Guido Riva who made the name of Monza (and more precisely of Sant'Albino) great abroad as well. But not only. Guido Riva's heirs also met Sister Maria Gloria Riva, soul of the religious community of Pietrarubbia, near San Marino.

Then the Canadian descendants admired the refuge in via San Damiano, they had lunch at PizzAut, the Monza pizzeria inaugurated by the President of the Republic Sergio Mattarella and run by autistic people, which made headlines also because the special pizza makers renamed that pizza the "best of the known galaxy. In Canada, Guido's descendants, who left from a village where only children and poverty abounded, manage an important company that mainly deals with large storage facilities and combine their professional activity with a great sensitivity for social issues. The young Lynsi is a lawyer in London and deals with the protection of human rights.

Who was Guido Riva

Riva Guido in the early 1900s was involved in the nascent socialist movement. He ran a club in Zurich that still exists (Il Cooperative) and which was a meeting point for socialists and anarchists from all over Europe. Among others, he also hosted Mussolini before his fascist breakthrough. The future Duce was draft dodger in Switzerland but, according to what was handed down in the Riva family, he was also disinclined to pay for room and board. When the First World War broke out Guido voluntarily returned to Italy to defend the country. Then he returned to Zurich but during the first years of Nazism the Cooperative was teeming with German soldiers and officers and Guido understud very soon the criminal soul of Nazism and preferred to return to Monza where he died a few years later.