sabato 13 settembre 2014

LA PIAZZETTA











































IL CARRO DEI RIVA





























DA SIN: Paolo Guidali di Busto Arsizio (cognato di Paolo Riva; Maria Besana e suo figlio Paolo Riva; un amico svizzero; Riva Guido; Riva Emilio; Riva Irene; una altro amico svizzero; Henry Peyer, marito di Anna Riva (1925).
e dai manoscritti che mia madre Enrica compila eroicamente (e quasi alla cieca) nonostante la maculopatia: 


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RIVA GUIDO, FRATELLO DI MIO NONNO PAOLO












Posted on 29 ottobre 2013

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Riva Guido durante la prima guerra mondiale - a destra in una delle ultime foto

Tra i figli di Davide Riva il maggiore è Riva Guido, nato a Monza nel 1877. Fa la terza elementare e poi inizia subito a fare il muratore. Quando ha solo una decina d’anni viene messo sul treno tutto solo e approda a Parigi dallo zio Gerardo. 
Riva Gerardo





Guido in realtà già da qualche anno faceva il muratore. Aveva anche convinto il fratello Paolo (mio nonno) a lasciare la scuola all’inizio della quarta per andare a lavorare con lui in cantiere.
Un giorno i due piccoli Riva commisero addirittura un misfatto contro la Famiglia Reale! Guido infatti aveva l’incarico di fare la spesa di pane e companatico per i muratori del cantiere. Andava ad acquistare il pane in Via Italia, in una rinomata panetteria fornitrice della Real Casa. Spesso infatti i Savoia erano in Villa Reale a Monza per le vacanze. In quella occasione Guido vide all’ingresso un saccone ricolmo di piccole tartine fumanti. Senza dare nell’occhio affondò le mani nel sacco ed infilò una tartina per ogni dito. Poi corse col fratellino Paolo a godere il frutto della monelleria nell’ attigua chiesina di S. Maria in Strada. Per fortuna nessuno li aveva scoperti!
Tornando a Parigi in realtà là si era insediata una colonia abbastanza ampia di muratori e artigiani italiani e più di un santalbinese. Un’altra sorella di Riva Davide, Giuseppina detta Pinoeu, abitava là da tempo, avendo sposato un ‘imprenditore di Sovico che là operava. E anche in seguito approdarono da S. Albino in Rue de la Tombe Issoire le due sorelle Della Torre, figlie di Enrico Della Torre detto Rico (dieresi). Rico era proprio figlio della Riva Giuseppina (Pinoeu), sorella di Davide, appena citata.   
Dunque Guido Riva approda dagli zii a Parigi prima del 1890. Probabilmente proprio lì comincia a frequentare la politica. Diventerà poi un socialista “massimalista”. Non sappiamo quale percorso lo condurrà a Zurigo. Forse un’offerta di lavoro oppure dissapori con lo zio legati al suo impegno politico. 
In ogni caso emigra a Zurigo. Qui sicuramente frequenta "Il Cooperativo”, un locale che è il centro di ritrovo del socialismo zurighese e degli italiani fuoriusciti e che esiste ancora oggi, in Militarstrasse. Probabilmente Guido ne è anche gerente per un periodo, come testimonia questa cartolina (vedi anche: http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo
 e http://www.cooperativo.ch/2010/)


Riva Guido, la moglie Ottilia Kuster e amici socialisti davanti a "IL Cooperativo"

Poi Guido apre una “Trattoria Lombarda” nella stessa Militarstrasse. Abbiamo la foto che lo riprende con la famiglia e con un bel menù tipicamente lombardo in bella vista. Di certo nella sua trattoria, dove lavora con la compagna Ottilia Kuster (che i Riva però chiamano Elisa), ospita (spesso gratuitamente) socialisti di tutta Europa, dalla Balbanoff  al giovane Mussolini, allora probabilmente renitente alla leva (siamo attorno al 1907). I crediti vantati nei confronti di Mussolini sono cosa certa come conferma la convocazione diretta fatta dal Duce in persona che lo chiama al “Covo” di Milano, episodio di cui abbiamo già parlato sopra. 

ps. mi sono accorto molto dopo che in una sua lettera Mabel, moglie di Kurt mi scrisse di ricordare che sua suocera Anna Riva (figlia di Guido Riva) diceva che da piccoola era stata molte volte sulle ginocchia di Mussolini (ovviamente, dice mael prima che lui diventasse fascista!).

Non è poi  infrequente che gli altri fratelli Riva, divenuti intanto abbastanza benestanti, debbano foraggiare Guido  economicamente. A volte gli inviano da Monza interi vagoni di verze per fare una cassoeula davvero”nostrana”.
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Nota su Zurigo

Alla Militärstrasse

Dal 1912 il ristorante si era trasferito al numero 36 della Militärstrasse e ospitava la redazione dell’Avvenire dei lavoratori, un giornale che contra-stava le spinte nazionaliste e autoritarie che si manifestavano in Italia e in Germania. Al Cooperativo affluivano le notizie elaborate dagli esuli che avevano nomi celebri come Nenni, Saragat, Modigliani e lo scrittore Igna zio Silone. Ri-spedivano i loro messaggi di resistenza oltre frontiera attraverso corrieri che mettevano a repentaglio la loro vita. Da Zurigo passarono antifascisti come Giacomo Matteotti (di cui il Cooperativo conserva un ritratto) o i fra-telli Rosselli trucidati dagli sgherri di Mussolini. Quando anche la Francia cadde, l’unico giornale italiano che si opponeva al nazifascismo fu l’“Avanti”, trasferito da Parigi a Zurigo. Il direttore nomina-le fu Pietro Bianchi, un muratore comasco naturalizzato svizzero che garan-tiva per gli articoli di fronte alle autorità di Berna.
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GUIDO RIVA E OTTILIA KUSTER
Zio Guido di mestiere era muratore. Aveva iniziato a meno di 10 anni. Parecchi lavori in muratura alle “Villette”, in Via Fieramosca a S.Albino li aveva fatti lui. Una volta disse a mia madre: “Se guardi su una bella casa in Via Premuda a Monza (credo: la via di fianco ai Luzzara) c’è una data in cemento. L’ho fatta io!”. 
Zio Guido era piuttosto piccolo ma di aspetto fine. Come già detto era un socialista massimalista e come tale pare che si sia sposato con la compagna Ottilia solo in comune dopo una lunghissima convivenza e tre figlie! Pare l'abbia fatto solo quando fece il tentativo di venire con la compagna a vivere coi Riva e su insistenza di sua madre Marièt.
Zio Guido era abbastanza bizzarro. Spesso amava stare nel fienile. Mia mamma ricorda distintamente che una volta lei e forse qualche altro cuginetto erano saliti sul fienile con lui. Zio Guido, molto serio disse loro: “Adess quant a riva la zia Elisa (così in famiglia chiamavano Ottilia) la portum su chi e puff…la trem giù”. Ovviamente deve esersi divertito un mondo a guardare lo spavento dipinto sul volto dei piccoli!
I fratelli avevano fatto il possibile perché la coppia stesse assieme. Una volta prepararono l’appartamento per i due nella casa dei Riva e perché lei si sentisse a suio agio fecero addirittura il bagno in casa (forse il primo di tutto il paese). Ma evidentemente i due erano troppo diversi. Zio Guido fin troppo italiano e Zia Elisa fin troppo sfizzera tetesca. Così alla fine zio Guido con la figlia Irene vissero in Italia mentre Zia Elisa con le figlie Anna e Rosa restarono a Zurigo. In raeltà ho sapputo recentemente che la prima separazione fu legata alla guerra (la prima guerra mondiale). Zio Guido volle tornare a combattere per la sua patria e lasciò a Zurigo Anna, la figlia più grande, perchè aiutasse la mamma ad accudire la piccola Rosa. Con sé Guido portò Irene, la mezzana, che così visse nella famiglia di mio nonno Paolo. Mia madre la chiamò sempre zia nonostante fosse cugina, data la notevole differenza d'età. Dopo la guerra Irene non volle tornare a Zurigo, dove era nata e vissuta fino a circa 12 anni perchè ormai aveva qui le sue amicizie. Con Rosa (che non ebbe figli) i rapporti futrono sempre piuttosto labili. Anna invece fu sempre molto legata ai suoi parenti italiani e venne spesso a trovarli. Ancora da anziana alla divisione dell’eredità di Zia Chiarina non avrebbe disdegnato ricevere un piccolo locale dove poter venire di tanto in tanto. Purtroppo però le case erano piccole e vecchie e gli eredi troppo numerosi. Anna era molto vivace, simpatica ed estroversa. Da questo punto di vista probabilmente assomigliava al padre. Sua nipote Patti, figlia di Kurt, dice che sicuramente sentiva dentro di sé il legame con il suo sangue italiano e forse anche con il suo essere “Riva di Foi” (legame condiviso anche da Kurt e dalla stessa Patti). Anch’io la incontrai varie volte a S. Albino e anche a Zogno dove d’estate stavano mia Zia Amelia e mia nonna Virginia. Attorno ai 18 anni poi andai a trovarla a Zurigo con i cugini Giltri. Secondo mia madre più di una volta Anna ebbe a dire che gli svizzeri sono troppo freddi. A prova di ciò diceva:” Se gli italiani incontrano una mamma con la carrozzina subito dicono: che bel bambino! Gli svizzeri invece dicono: che bella copertina!”. L’ultima volta che ho visto Kurt lui mi detto che al funerale la bara era coperta di garofani rossi e che la banda ha suonato l’Internazionale. Perché la mamma “era rimasta sempre così” aggiunse facendo il verso del pugno chiuso alzato. La cosa mi è stata confermata anche da Edi, figlio di Edoardo (fratello di Kurt) e nipote di Anna. Kurt, figlio di Anna, anche per i suoi impegni professionali tornava spesso in Svizzera dal Canada ed è venuto varie volte a trovarci. Una volta ricordo che è venuto con Mabel e i figli Henry e Danny. Un’altra volta è venuta Patti da sola perchè interessata ad una manifestazione di moda in Italia. E mi pare che l’abbiamo accompagnata al cimitero a vedere i nostri morti, compresa la tomba del suo bisnonno Guido Riva. L’ultima volta che ho visto Kurt è stato molto toccante. Ha voluto fare una foto stando al centro, abbracciato a tutti noi e mentre Mabel ci inquadrava ha detto con grande commozione e gioia :“Mia familia!”. Kurt, come la sua mamma è una persona vivace e gioiosa, molto affettuoso. Mia madre dice che da giovane una volta aveva visto la foto di Kurt e aveva pensato: “Quando sono grande sposo il Kurt”. E anche a Kurt era occorsa la medesima cosa vedendo la mamma in foto!
La relazione di Guido con Ottilia fu probabilmente un po’ burrascosa: lui “troppo italiano” e lei “troppo svizzera tedesca”. Così la figlia Irene crebbe in Italia con la famiglia paterna mentre Rosa ed Anna crebbero a Zurigo con la mamma. Kurt, figlio di Anna, da poco scomparso, si trasferì poi in Canada ed ebbe figli e nipoti che fortunatamente sono ancora in contatto con noi.






foto di Riva Anna, figlia di Guido, sposata con Henry Peyer - coi suoi figli Enrico, Edoardo, Lory, Kurt e Heidi




foto di Riva Irene , figlia di Guido - con il marito Tremolada Giovanni, detto "Barba" e la figlia Luigia (1927 - 2009)



I crediti vantati da Guido nei confronti di Mussolini sono cosa certa. Tanto che agli albori del Fascismo il  Duce  lo fece  convocare di persona al "Covo" dei fasci di Milano. Guido per la verità ci andò ma trovò subito una spiacevole sorpresa. In veste di usciere c'era un suo ex compagno socialista che al suo tono critico ("Sta fé chi ti?”-“Cosa fai qui tu?!”) rispose con molto realismo: " Eh Riva, seri stuff da specià 'l sol dell'avvenire!" (“ero stanco di aspettare che sorgesse il Sol dell’Avvenire, l’alba socialista). Guido girò sui tacchi e mandò dentro la figlia Irene a raccontare che il babbo era a Zurigo e che non poteva rispondere all'appello. Per decenni i familiari lo presero in giro dicendo:” Che stupido! Magari voleva nominarti Viceré dell’Abissinia!”.
Tra le altre notizie annoto che mia madre ha uno stato di famiglia dello Zio Guido di quando era residente a Zurigo.
















































scritto da Enrica Riva
I parenti di Zurigo in visita nel 1925 
Kurt, figlio di Anna Riva Péeyer e nipote di Riva Guido
I parenti di Zurigo e del Canada in visita nel 2014

purtroppo questo  biglieto è stato un pò manomesso (sicuramente non da Enrica)














venerdì 12 settembre 2014

ANNA RIVA PEYER

Anna Riva Peyer è figlia di Guido Riva (per il quale vedi qui: http://rivasantalbino.blogspot.it/2014/09/riva-guido-fratello-di-mio-nonno-paolo_13.html
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il marito Henri e i figli (Lora, Heidi, Edoardo, Kurt,









 con il figlio Kurt e la nuora Mabel






















































RIVA: I PARENTI DI PARIGI




premetto manoscritto (del giugno 1992) di mia madre Enrica Riva stilato con la cugina Maria Della Torre attorno al 1980 (durante una delle sue ultime visite a S.Albino). 

Posted on 29 ottobre 2013














In realtà a Parigi si costituì col tempo una vera e propria colonia di nostri parenti. Mia madre ricostruì una loro mappa nel 1992 parlando con Maria Della Torre ved. Ravizza, figlia di Rico (dieresi; Enrico) Della Torre (cugino primo di mio nonno Paulin) e di Alessia Fumagalli.
Tale colonia risiedeva nel Quartiere Latino ed in particolare in Rue de la Tombe Issoire. Ora alcuni discendenti e segnatamente i figli di Maria vivono a  Bagneux, alla periferia di Parigi.
La prima parente ad approdare a Parigi fu dunque la zia Pino (dieresi), Riva Giuseppina, sorella del mio bisnonno Davide. Lei sposò un Fontana di Monza che lavorava in Francia. Fontana aveva  un’impresa edile in società con Guido Nicolini, imprenditore brianzolo, forse di Sovico.
La zia Pino ebbe solo un figlio, Fontana Luigi, che sposò una certa Maria (di cui ignoriamo il cognome). Questo Fontana Luigi che dunque era cugino primo di mio nonno Paolo Riva, ebbe due figli: Fontana Margherita, morta abbastanza recentemente (nel resoconto di Maria che, ricordiamo, è del 1992) e Fontana René.
Margherita Fontana, sposata Villa, a sua volta ebbe due figli: Villa Bernard e Villa Jacques.
Anche René Fontana ebbe una figlia  di nome Iolanda.
Guido Nicolini, socio in affari del primo Fontana (e poi probabilmente anche dello zio Girardin Riva) divenne poi a sua volta nostro parente perché sposò in seconde nozze  Ida Della Torre, figlia di Enrico Della Torre e di Alessia Fumagalli. Alessia era sorella di Antonia, detta “la Togna”, prima moglie prematuramente scomparsa di mio nonno Paolo Riva, dalla quale lui ebbe due figlie: la prima nata morta e la seconda morta quasi subito. Mia madre ricorda al proposito che spesso bambini così piccoli non ricevevano neppure il battesimo. A volte era semplicemente la levatrice a battezzarli con un pò d’acqua, senza neppure dare loro un nome. Per inciso mia madre ricorda che da piccola era molto gelosa (del ricordo) di questa “Togna”.
Il padre di Ida Della Torre è Enrico Della Torre (detto Rico; dieresi e accento sulla o) che a sua volta è cugino primo di mio nonno Paolo in quanto figlio di Riva Giovannina, altra sorella di mio bisnonno Davide Riva.
Per non perderci nei meandri delle genealogie ricordo che da Alessia Fumagalli e Enrico della Torre nascono tre figlie che vivranno tutte e tre  a Parigi e un figlio che invece risiederà a Villasanta:
1) Ida Della Torre di cui abbiamo già detto. Lei sposa Guido Nicolini. Nicolini era già stato sposato ma poi era rimasto vedovo con una figlia. Tornato in Italia conobbe Enrico  Della Torre (Rico) e gli chiese in sposa la figlia Ida. Tra l’altro Ida e la figliastra Liliana, dice mia madre, si vollero sempre molto bene. Ida e Guido Nicolini ebbero poi anche una figlia loro, Ester Nicolini, biologa, probabilmente di poco maggiore della mamma Enrica (nata nel 1926). Ester purtroppo morì giovane, lasciando due figlie piccole.
2)  Esterina Della Torre che sposa Pierre Maramotti. Hanno un negozio di oreficeria in Rue de  la Tombe Issoire. Loro hanno 2 figli: Gerard Maramotti che sposa Claude e Odette Maramotti che sposa Bernard Villa, a sua volta discendente della zia Pino Riva (!).
3) Maria Della Torre (detta la “strascéra” perchè era un maschiaccio).Viene mandata a Parigi presso le sorelle che già risiedevano là, perché innamorata di un monzese che il padre considera un donnaiolo. Maria sposa poi Pierre Ravizza, svizzero dei Grigioni, che mia madre ricorda come un ometto piccolo e grassottello. Loro hanno 2 figli: Daniel Ravizza, sposato a Marie Chantal Bertran, senza figli. E Guy Ravizza, sposato a Nicole Perus. Il loro figlio si chiama Patrik. Guy poi ha un’altra figlia, Marie da una donna di origine marocchina. Anch’io sono stato in visita a Parigi, quando Maria era ancora viva. Il figlio Guy mi ha scarrozzato per Parigi. Daniel e la moglie sono stati anche da me a S.Albino. La loro mamma Maria era simpaticissima ed ospitale e credo che mezzo S.Albino, parenti e non, di passaggio per Parigi, sia stato da lei.
 4) Oreste Della Torre, unico figlio maschio che visse a Villasanta con la moglie e non ebbe figli.

annuncio funebre di Riva Giuseppina detta Pino (con accento e dieresi sulla o), sorella del mio bisnonno Riva Davide. Sono elencati tutti i parenti di S.Albino. 










PAOLO RIVA E IL CIRCOLO DE AMICIS

Grazie a Edoardo Fossati e Enrico Sangalli


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lunedì 8 settembre 2014

RIVA DEMETRIO

post in lavorazione...

Riva Demetrio con la seconda moglie Adele Balzarini, mamma del "Dottor Franco"

riva demetrio 001.jpg

...Un rapporto più singolare, come spiegherò dopo, legava la bisnonna Maria Besana al figlio Demetrio. Demetrio veniva chiamato dai nipoti Ziu Mètar. Credo ci fosse dell' ironico compiacimento nel gioco di parole, dato che il metro, inteso come robusta barra di legno di sezione rettangolare nella casa dei "mercanti" troneggiava immancabilmente sul bancone del negozio ed era lo strumento di lavoro indispensabile per misurare rapidamente gli scampoli. A volte serviva perfino per minacciare la paga ai bambini disobbedienti. Ziu Metar era stato un po' l'artefice dell'impresa commerciale dei Riva. Il primogenito Guido infatti fin da piccolissimo faceva il muratore (e solo poi divenne ristoratore e cuoco). Paulìn ne aveva seguito le orme fin dalla quarta elementare ma poi era diventato operaio capelé, di cappellificio. Demetrio, forse per conformazione fisica, forse per vocazione, aveva scelto altre vie professionali. Aveva iniziato giovanissimo ad organizzare piccole lotterie a premi nelle osterie. Poi aveva iniziato a vendere "strinc e bindèi" (stringhe e fettucce), girando da ambulante con un cesto di vimini. Inutile dire che era un oculato risparmiatore ed investitore ed incarnava con la sorella Chiarina l'anima più “mercantile” dei Riva, mentre Guido e Paolo  erano più idealisti. Sapeva anche investire i risparmi, specie nella terra e nel mattone, fino a far si che i Riva giunsero a possedere un bel po' di case e terre (per inciso un bel po' del cimitero verso S.Albino era "terra dei Riva" espropriata per una "cioca da lat"). Una volta addirittura pare abbia trattato l'acquisto dell'Hotel di San Pellegrino (una struttura mastodontica della Belle Epoque che sta di là del Brembo). Sottopose comunque (per il rispetto gerarchico di cui ho già parlato) l'ipotesi d'acquisto a mio nonno Paulin che la cassò con la frase: "Ma ta ga né mai asé?" (non ne hai mai a sufficienza?). Di certo fosse stato per mio nonno i fratelli Riva avrebbero accumulato assai meno. 
Tornando a Demetrio, lo “Zio Metar”  aveva sicuramente un certo genio imprenditoriale ma anche una propensione perfino eccessiva alla parsimonia. Così controllava puntualmente ogni entrata ed uscita della famiglia. Le giovani Riva che ormai andavano alle magistrali dalle Canossiane, "in centro", con la crème della borghesia monzese, erano costrette a lavare ripetutamente le calze di seta prima di metterle onde evitare che lo zio si accorgesse che erano nuove. Altrimenti sarebbero state dure reprimende per l'irresponsabile prodigalità dei parenti. 
Proprio per questa sua inclinazione al controllo (spending rewew, diremmo oggi) Mètar si era conquistato in famiglia un altro soprannome meno innocente. E l’artefice del graffiante nomignolo era stato il più insospettabile dei familiari. Proprio la sua mamma, bisnonna Marièt, lo chiamava, in sua assenza, il "pètabal" (che potremmo tradurre pudicamente come "il rompiscatole"). A volte, rivolgendosi alle nuore la bisnonna diceva: "Adess che gh'è no 'l pètabal  fèmm un bel cafè!". 



13/9/1942 MARCO RIVA DISPERSO IN RUSSIA




Ecco l’angosciato manoscritto che mio zio Emilio Riva manda dalla Russia per avvertire a casa che Marco è disperso. Ricordo che erano cugini, coetanei e avevano vissuto sempre assieme nella stessa casa. Marco poi aveva perso subito la mamma ed era stato allattato assieme ad Emilio dalla mia nonna Virginia. Poi accomunati anche dalla Campagna di Russia. Immaginate il dolore…
Per fortuna Marco dopo molti anni e vicissitudini tornò vivo e lui ed Emilio divennero perfino consuoceri!
Un caro ricordo ad entrambi e soprattutto a Marco, uomo squisito, sempre sorridente e gentile.
Il manoscritto va “seguito” perchè vi sono alcuni “inserti” sul fondo delle pagine.

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RIVA – LA SECONDA GUERRA MONDIALE

Anche durante la seconda guerra mondiale i Riva ebbero il loro daffare. Emilio che già era militare di leva dovette sposarsi e partire di corsa per la guerra. Sia mio zio Emilio che il cugino Marco, figlio di Demetrio ma orfano di mamma ed allattato da mia nonna Virginia, cresciuti come fratelli, finirono in Russia. Emilio era bersagliere nell’autocentro per cui non proprio in prima linea. Marco invece era ufficiale di cavalleria nella Sforzesca. Dopo la sconfitta di Nicolajevka nessuno seppe più nulla di lui. Emilio, spacciando il tenente Marco Riva per proprio fratello ebbe dal comandante l’autorizzazione a tornare verso le linee nemiche per cercarlo. Una sera sentì un vocio in una buca e gli parve di sentir parlare nel nostro dialetto. Allora si fece riconoscere e chiese del tenente Riva ma proprio mentre stava per rispondere il soldato interpellato venne colpito. Poi arrivò a casa una missiva in cui si leggeva distintamente “Il tenente Riva…” ma tutto il resto era cancellato dal tratto nero della censura. Dopo la fine della guerra per molto tempo i familiari andarono a Milano, alla stazione centrale per raccogliere notizie dai reduci ma sempre invano. Finché nel 1946 finalmente Marco tornò sano e salvo. Era stato internato dai Russi e sottoposto anche ad un trattamento di “rieducazione” politica.

Durante la seconda guerra mondiale, dopo l’8 settembre del 1943 e fino a fine guerra si nascosero a S.Albino due soldati del sud Italia. Vennero nascosti e nutriti dalla popolazione. Mia madre fece loro anche un pò di scuola. In particolare uno si chiamava …Barbaro ed era siciliano, di …..Mia madre era molto severa con lui anche perché nonostante le ripetizioni lui continuava a scrivere imperterrito: “La rosa eni bella; la rosa avi le spine”. Mia madre ogni tanto gli mollava pure qualche scappellotto e lui chiedeva scusa con aria contrita. Ma risultava anche un po’ buffo per via del suo strabismo. Anche dopo la guerra mantenne qualche contatto.
Durante la seconda guerra mondiale mia madre Enrica, che studiava da maestra dalle Canossiane, era stata impegnata dalle suore nella corrispondenza coi militari al fronte. Ci fu anche un militare che le rispondeva in modo un po’ troppo galante e nonna Virginia dovette intervenire per spiegare al giovane che Enrica era troppo piccola e doveva pensare solo agli studi…
Ad Enrica un giorno venne anche consegnata una lettera per i familiari di……che abitava nella Curt……..(qualcuno si riconosce?) In tutta buona fede, ritenendo si trattasse di una delle solite corrispondenze dal fronte non consegnò immediatamente la lettera nel primo pomeriggio ma si recò in corte verso sera. Consegnò la lettera e rimase impietrita quando dalle urla di gioia e di richiamo dei parenti comprese che quella era la prima notizia proveniente da un soldato che ormai tutti credevano morto.

GLI ANIMALI A CASA RIVA


Gli animali a casa Riva godettero sempre di un buon trattamento. I fratelli Riva non avevano neppure il coraggio di uccidere le galline e i conigli che spesso morivano di vecchiaia. Anche i cavalli erano rispettati e accuditi con affetto anche perché erano indispensabili compagni di lavoro. Quando parla del mal di cuore di nonno Paulìn mia madre lo attribuisce anche allo sforzo che nei mesi invernali il nonno faceva tornando passo passo da Cologno fino a casa sulle strade gelate cercando di sorreggere il cavallo perché non cadesse. A testimonianza del rapporto particolare con i loro cavalli mia madre ricorda questo episodio. Una volta i Riva avevano venduto un calesse col cavallo che si chiamava Pierino. Per caso andando verso Brivio un giorno mio nonno Paolo lo incrociò da distante ed il cavallo, riconosciutolo, emise un lungo nitrito di saluto. Paolo ne fu molto commosso.


Se buon sangue non mente ecco spiegata la passione di mio cugino Giorgio Riva, da anni presidente dell’ENPA (Ente Nazionale Protezione animali) di Monza e Brianza.

IL TESTAMENTO DI MIA NONNA VIRGINIA BERTANI, VEDOVA DI PAOLO RIVA


                                                      1/6/1955 Redatto su carta di quaderno, senza ricorso a notai, con una nota in calce a lasciare qualcosa di più alla mia mamma. E tra i figli neppure una vaga tentazione di trasgredire … Continua a leggere

RIVA CHIARA (ZIA CHIARINA)


Posted on 29 ottobre 2013

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foto di Riva Chiarina e del marito Trezzi Giuseppe
Riva Chiara (1886 – 1963) era sorella di mio nonno Paolo. Era una donna minuta. Io la ricordo abbastanza bene e dalle foto mi pare fosse molto simile alla sua mamma Marièt. Aveva i capelli mossi, castano rossicci, come anche il fratello Demetrio. Si era sposata con Giuseppe Trezzi. Presso i Riva così c’erano ben tre Giusepp e venivano chiamati rispettivamente: Giusepp (Riva Giuseppe, o Ziu Giusep, fratello di nonno Paolo); Giusepp Tres (marito di Zia Chiarina) e Giusep Calòm (“quell’uomo”) che era Giuseppe Caprotti, contadino che aiutava i Riva nella gestione delle loro terre, che ad un certo punto erano divenute parecchie se si considera che un bel pezzo di cimitero di Monza verso S. Albino è stato realizzato su terreni espropriati ai Riva per “una ciòca da lat” (per una scodella di latte, cioè per quattro soldi).
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Giuseppe Caprotti
La Zia Chiarina aveva uno spirito piuttosto pragmatico, da vera mercante. Ma ovviamente le donne avevano meno diritti successori rispetto ai maschi. Comunque era legatissima alla famiglia.
Ebbe anche un bambino di nome Vittorio ma anche questa è una vicenda dolorosissima. Per i loro impegni professionali i genitori avevano lasciato il piccolo a balia presso una contadina brianzola (di Mezzago?). Lo andavano regolarmente a trovare. Ma ad un certo punto il piccolo non cresceva abbastanza. Ziu Tres allora decide di portare tanto il piccolo che la balia da un pediatra a Monza. Il medico tocca il seno alla donna e dice: “Ma vedì no che cala dona chi la ga pu da latt?”. Insomma il bambino beveva da tempo solo un pò di acqua e siero. Probabilmente la donna stessa non ne era cosciente e poi la miseria era tale…Ma ormai era troppo tardi e per il piccolo che aveva già più di un anno non ci fu niente da fare. Così a quei tempi neppure un certo benessere poteva evitarti il dolore straziante di perdere un figlio.
Probabilmente in seguito Zia Chiarina e il marito non poterono più avere figli. Zia Chiarina divenne però la balia/istitutrice/guardia di tutti i nipoti che spesso accompagnava in vacanza ad Olcellera e una volta anche ad Alassio. Proprio ad Alassio accadde una volta un fatto increscioso. Zia Chiarina si sentì autorizzata a prestare ad una estranea un romanzo della nipote Dina (Eudilia, figlia di Giuseppe). Dina pianse ma non osò fare rimostranze. Mia mamma Enrica, che era più piccola e sfrontata fu invece molto scortese con la zia. Zia Chiarina, offesa, ostentatamente preparò la valigia e minacciò di tornare a casa lasciando i nipoti (Dina, Franco, Mario, Ginetta ed Enrica) da soli. Enrica ricorda che tutti loro tristissimi si strinsero nel lettone cantando disperati e singhiozzanti “Cuore di mamma”, canzone strappalacrime del tempo.
In realtà Zia Chiarina voleva molto bene ai nipoti e anche ai pronipoti come me. Io la ricordo bene. Per molti anni organizzò anche un piccolo pollaio in quello che oggi è il mio giardino. Negli ultimi tempi, malata, stette a casa nostra ed è morta in quella che era la mia cameretta.

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