"CUMPÈSA!"
Grazie nonna.
I primi quindici anni della mia vita, mia nonna paterna ha vissuto in casa con noi.
Era una donna austera, rigorosa, cattolica praticante. Quelle da velo nero in testa e Messa in chiesa tutte le mattine alle 6.
Io, bambino, ero in perenne contrasto con le sue rigide regole di casa. Erano gli anni settanta. La mia generazione, quella del benessere e della modernità doveva inevitabilmente fare i conti con la generazione di mia nonna Maria. Una generazione che aveva trovato nelle rigide regole di vita, nella parsimonia e in uno stile di vita monastico e rigoroso la forza di superare due guerre mondiali oltre che la miseria, la fame e le umiliazioni di una vita di povertà.
E io, a dieci o dodici anni, non capivo perché non potessi dire che mi faceva schifo il minestrone. Non capivo perché, la domenica, dormire fino alle 10 di mattina fosse immorale. Non capivo perché i vestiti della domenica non potessi indossarli durante la settimana. A tavola poi, le regole erano ferree. Niente carne o salumi il venerdì (di magro). Niente avanzi nel piatto. Minestrone di verdura, risotto alle erbette e pancotto come se piovesse. Il pollo al forno della domenica o la cotoletta impanata del sabato a pranzo erano un momento di gioia culinaria che aspettavo tutta la settimana. Il pane, per mia nonna, aveva la sacralità del Vangelo. Non andava sciupato e non bisognava avanzarlo. "Cumpèsa!" era la parola che mi ripeteva sempre. E in quella parola c'era tutta la sua filosofia di vita. "Cumpesà" significava bilanciare la giusta quantità di pane con la pietanza. Per una donna che mangiava anche la frutta con il pane, era un peccato mortale mangiare una fetta di prosciutto senza compesarla con mezza michetta. E io soffrivo la rigidità di queste imposizioni.
Ora sembrano passati duecento anni da quei giorni. Solo oggi sento di dover essere profondamente grato a mia nonna. Solo oggi provo orgoglio per l'educazione ricevuta da una donna che ha superato anni di guerre e carestie. Solo oggi capisco da dove mi arriva la forza e la caparbietà per superare i momenti di difficoltà.
Grazie nonna. Ho imparà a cumpesà!
Massimiliano Riva
Grazie nonna.
I primi quindici anni della mia vita, mia nonna paterna ha vissuto in casa con noi.
Era una donna austera, rigorosa, cattolica praticante. Quelle da velo nero in testa e Messa in chiesa tutte le mattine alle 6.
Io, bambino, ero in perenne contrasto con le sue rigide regole di casa. Erano gli anni settanta. La mia generazione, quella del benessere e della modernità doveva inevitabilmente fare i conti con la generazione di mia nonna Maria. Una generazione che aveva trovato nelle rigide regole di vita, nella parsimonia e in uno stile di vita monastico e rigoroso la forza di superare due guerre mondiali oltre che la miseria, la fame e le umiliazioni di una vita di povertà.
E io, a dieci o dodici anni, non capivo perché non potessi dire che mi faceva schifo il minestrone. Non capivo perché, la domenica, dormire fino alle 10 di mattina fosse immorale. Non capivo perché i vestiti della domenica non potessi indossarli durante la settimana. A tavola poi, le regole erano ferree. Niente carne o salumi il venerdì (di magro). Niente avanzi nel piatto. Minestrone di verdura, risotto alle erbette e pancotto come se piovesse. Il pollo al forno della domenica o la cotoletta impanata del sabato a pranzo erano un momento di gioia culinaria che aspettavo tutta la settimana. Il pane, per mia nonna, aveva la sacralità del Vangelo. Non andava sciupato e non bisognava avanzarlo. "Cumpèsa!" era la parola che mi ripeteva sempre. E in quella parola c'era tutta la sua filosofia di vita. "Cumpesà" significava bilanciare la giusta quantità di pane con la pietanza. Per una donna che mangiava anche la frutta con il pane, era un peccato mortale mangiare una fetta di prosciutto senza compesarla con mezza michetta. E io soffrivo la rigidità di queste imposizioni.
Ora sembrano passati duecento anni da quei giorni. Solo oggi sento di dover essere profondamente grato a mia nonna. Solo oggi provo orgoglio per l'educazione ricevuta da una donna che ha superato anni di guerre e carestie. Solo oggi capisco da dove mi arriva la forza e la caparbietà per superare i momenti di difficoltà.
Grazie nonna. Ho imparà a cumpesà!
Massimiliano Riva
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