Il nonno Rino era una bella persona. Fisicamente era un bell'uomo, sempre ben vestito e con le scarpe lucidissime (ci teneva tanto). Aveva un bel carattere, tranquillo e gioviale. Era molto generoso. Per un bel po' ospitò nel seminterrato di casa (che era perfettamente vivibile) una famiglia di giovani pescatori (i Di Febo) che aveva conosciuto a Silvi Marina e che vennero al nord in cerca di lavoro. Del resto la generosità era di casa perché la mamma Elisa aveva sempre un piatto di minestra pronto per tutti i viandanti che bussassero al negozio di frutta in Piazzale Susa a Milano. Rino aveva fatto il militare in cavalleria e adorava i cavalli. Aveva giocato a calcio nelle giovanili del Milan ed era un grande ballerino. Spesso partecipava in abito da ballo a concorsi serali e notturni e poi si precipitava al lavoro senza andare a dormire. Era litografo e riuscì a creare una ditta con un centinaio di dipendenti. Quando la crisi lo mise in ginocchio la sua preoccupazione fu solo di pagare i dipendenti senza lasciarli per strada. Aveva una grande passione anche per il biliardo e per le bocce e credeva nell'amicizia. Amava leggere e aveva raccolto una bella biblioteca e per i figli acquistò addirittura l'Enciclopedia Britannica. Adorava i suoi fratelli (Mima, Norma e Dino) e soprattutto era molto protettivo e affettuoso con Dino. Con lui si faceva delle risate incredibili ricordando le birichinate da ragazzi. Una delle loro specialità era fare la c... e incartarla nella stagnola con tanto di fiocchi per poi depositare questi "dolcetti" nei comò di zie e affini. Anche la moglie di Dino, zia "Angiulèta" (Angela Regorda) era un personaggio straordinario per simpatia e generosità ma merita che le dedichiamo dello spazio a parte. Rino ha adorato il nipotino Riccardo che avrebbe portato avanti il nome dei Martinengo e appena Venitha dava prova della propria intelligenza diceva: "Cala tusa lì l'è un fenomeno. Fic fa l'università!". Rino era comunista, ai tempi in cui il comunismo era ancora una promessa di equità e giustizia sociale. Durante il fascismo si impegnò attivamente nella Resistenza ma rifiutò sempre le armi perché non voleva uccidere nessuno. Così si impegnò a distribuire il materiale propagandistico portandolo da Milano in Brianza dove era sfollato. Venne arrestato per questo e finì a San Vittore proprio nei giorni dei martiri di Piazzale Loreto. Fu salvato solo perché per combinazione un gerarca fascista era cresciuto da ragazzino nelle stesse case di ringhiera ed era amico d'infanzia ed ottenne la liberazione in cambio dell'arruolamento di Dino nella Repubblica di Salò. Dino poi riuscì subito a fuggire. Come spesso accade anche Rino non parlava mai di queste sue attività. E' stato un genero molto generoso e ha ospitato i suoceri fino alla loro scomparsa. Con la suocera Ermelinda in particolare era sempre gentile e prodigo di battute simpatiche. E' stato un bravo marito compensando con la sua tranquillità il carattere sempre iperattivo ma un po' ansioso della sua Fausta. E' stato un papà dolce. Anche negli ultimi tempi ha affrontato la malattia (una dismielopoiesi) senza far pesare a nessuno. Faceva le sue trasfusioni e poi andava al bar a giocare a biliardo, credo soprattutto per rassicurare i suoi. Eppure era ben consapevole di essere alla fine. Anche la sua morte fu nel segno della generosità. Si era affezionato a un giovanissimo pugliese, Michele, malato di leucemia. Tornato a casa per una breve pausa rientrò in ospedale e non trovò più Michele. Gli raccontammo che era stato trasferito ma lui capì che era morto. Decise che non era più tempo di lottare. Ciao Rino, ti vorremo sempre bene e ti ricordiamo col sorriso dolce che era la tua cifra.
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