mercoledì 28 agosto 2024

TERUZZI EUGENIO, MIO BISNONNO PATERNO

Di lui non so molto. Era contadino, suppongo povero. Sicuramente però aveva almeno un cavallo ee di certo una mucca perché il mio papà da piccolino gli chiedeva : "Nonu, al lacìn!" ("Nonno, un po' di latte!"). E Eugenio andava alla stalla e glielo portava appena munto e cremoso.  Aveva anche un cavallo col quale  assolveva anche il compito di girare con la "bunza", una specie di grossa damigiana con cui innaffiava le strade per abbattere la polvere. Si dice che il cavallo fosse tanto ben addestrato da compiere da solo tutto il tragitto mentre Eugenio dormiva tranquillo sul carro. Guglielmo, cugino di mio padre ricorda di averlo visto intabarrato davanti alla stufa. La zia Pinuccia lo ricorda piuttosto severo, ma forse era il costume che tutti i pater familias (i régiù) erano tenuti ad assumere, anche perché dovevano "governare" famiglie vastissime. Mia pare che mio padre dicesse che potevano essere in 36 e che quando si mangiava prima mangiavano i maschi, seduti al tavolo, e solo poi le donne, ma in piedi! Il Pa' Ugèni era soprannominato "Al puèta".  Non so da dove venisse il soprannome.  Forse sapeva leggere e scrivere e questo poteva bastare a farne un letterato. Di certo svolgeva anche in chiesa un qualche ruolo. Infatti prima delle funzioni dirigeva le preghiere dei fedeli esordendo sempre con la formula "Fratelli cari, siamo qui riuniti....".

Mio papà Renato amava cavalcare a pelo il cavallo del nonno Eugenio. Cosa proibita! Una volta mentre correva a cavallo sulla sponda del canale Villoresi si fece una brutta ferita all'addome con un ramo. Non potendo confessare la malefatta per un bel po' si curò da solo applicando alla ferita la corteccia del sambuco che è emostatico.

Ciao Puèta!

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