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sabato 25 settembre 2021
FOTO DI FAMIGLIA (MH OK)
venerdì 2 luglio 2021
Recensione di Chiara Maria Riva, vincitrice del Concorso “Io, BookInfluencer” per la categoria Esordiente. (MH OK)
E dal cielo caddero tre mele di Narine Abgarjan

Recensione di Chiara Maria Riva, vincitrice del Concorso “Io, BookInfluencer” per la categoria Esordiente.
Maran è un villaggio armeno fuori dal tempo e dimenticato dagli uomini sul fianco del monte Manish Kar; il suo destino è stato segnato da guerre e carestie, il suo volto sfigurato da un terremoto.
Senza più giovani né ricordi da tramandare, la comunità solidale di anziani che lo abita si appresta a invecchiare malinconicamente senza eredi e senza futuro, ma tra i suoi abitanti la bibliotecaria Anatolija, donna dal cuore d’oro nonché unica persona istruita del paese, e il fabbro Vasilij, occhi “color della cenere spenta, spalle larghe e due pugni enormi e invicibili”, diventeranno protagonisti di un evento tanto naturale quanto miracoloso che infonderà nel paese una speranza di rinascita.
L’autrice, Narine Abgarjan, scrittrice armena trapiantata in Russia, firma un’opera insolita, tra storia e fiaba.
Per le figure degli anziani di Maran ha ripescato tra le suggestioni e i ricordi d’infanzia legati ai nonni armeni, come la frase che dà il titolo al romanzo, una tipica espressione con cui i vecchi concludevano il racconto delle fiabe della tradizione, circonfuse di un alone di leggenda. Senso del magico e della spiritualità rappresentano un importante polo tematico del romanzo e convivono con l’altra sua anima, quella più storica e antropologica.
Lo stile dell’autrice si adatta con abilità a questi temi; da una parte descrive le abitudini spartane e la faticosa routine quotidiana degli abitanti, ci immerge abilmente nei profumi e nei sapori della cucina povera che non spreca nulla, nei riti funebri e nelle preparazioni per le feste. Dall’altra parte, la stessa scrittura si astrae per rivelarci l’esistenza di un mondo nascosto che dialoga con il mondo visibile in un’osmosi continua di messaggi dal cielo alla terra, dalla natura alle persone, dall’aldilà ai vivi.
Questa è l’eredità che la letteratura del realismo magico trasfonde nel nostro romanzo armeno; non per niente Narine Abgarjan ha affermato che Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez, miglior incarnazione di questo movimento in letteratura, è il suo romanzo preferito.
Maran è un’altra Macondo, un paese con un’anima e un luogo dell’anima; gli animali (nel romanzo in particolare un misterioso pavone bianco) sono legati alle persone in modo che non ci è dato spiegare e i momenti del giorno hanno significati ultraterreni come le ore prima dell’alba in cui gli angeli della Morte vengono a prendersi le anime.
Gli abitanti del villaggio sono paragonati a statue scolpite nella roccia, la stessa di cui sono fatte le case di Maran che dopo anni di ferite “culla il suo dolore tra braccia di pietra”: e il cerchio delle similitudini si chiude con questo legame tra il luogo e i suoi abitanti che qui continuano a vivere tenacemente, reagendo a ogni disgrazia, fedeli alle proprie radici.
E dal cielo caddero tre mele ha un sapore molto simile a opere come Cent’anni di solitudine e La casa degli spiriti di Isabel Allende; chi ha amato questi libri non potrà non amare anche questo.
Perché emoziona allo stesso modo, ma al contempo è qualcosa di diverso; e non rivelo altro se non che l’incipit del romanzo e la sua conclusione sono tra i più sorprendenti che si possano trovare in letteratura.
Il suo finale, senza essere consolatorio e buonista, è denso di speranza, e nella sua semplicità, ci incanta senza rimedio. Perché, come si legge nel libro, le parole semplici hanno sempre un significato profondo.
Narine Abgarjan – E dal cielo caddero tre mele
268 pagg., 18 euro – Francesco Brioschi Editore 2018
ISBN 9788899612191
martedì 11 maggio 2021
E' NATO MARCO RIVA! (MH OK)
Tanti auguri ai genitori, ai nonni, agli zii...
Bello ritrovare questo nome caro. Di certo erediterà dal bisnonno il carattere socievole e dolce.
Buona vita!
ps. e conserviamo memoria delle nostre radici comuni che stanno appunto nel ricordo di persone che hanno lasciato nei nostri cuori una traccia indelebile del loro passaggio.
sabato 14 novembre 2020
CUMPÉSA (MH OK)
Grazie nonna.
I primi quindici anni della mia vita, mia nonna paterna ha vissuto in casa con noi.
Era una donna austera, rigorosa, cattolica praticante. Quelle da velo nero in testa e Messa in chiesa tutte le mattine alle 6.
Io, bambino, ero in perenne contrasto con le sue rigide regole di casa. Erano gli anni settanta. La mia generazione, quella del benessere e della modernità doveva inevitabilmente fare i conti con la generazione di mia nonna Maria. Una generazione che aveva trovato nelle rigide regole di vita, nella parsimonia e in uno stile di vita monastico e rigoroso la forza di superare due guerre mondiali oltre che la miseria, la fame e le umiliazioni di una vita di povertà.
E io, a dieci o dodici anni, non capivo perché non potessi dire che mi faceva schifo il minestrone. Non capivo perché, la domenica, dormire fino alle 10 di mattina fosse immorale. Non capivo perché i vestiti della domenica non potessi indossarli durante la settimana. A tavola poi, le regole erano ferree. Niente carne o salumi il venerdì (di magro). Niente avanzi nel piatto. Minestrone di verdura, risotto alle erbette e pancotto come se piovesse. Il pollo al forno della domenica o la cotoletta impanata del sabato a pranzo erano un momento di gioia culinaria che aspettavo tutta la settimana. Il pane, per mia nonna, aveva la sacralità del Vangelo. Non andava sciupato e non bisognava avanzarlo. "Cumpèsa!" era la parola che mi ripeteva sempre. E in quella parola c'era tutta la sua filosofia di vita. "Cumpesà" significava bilanciare la giusta quantità di pane con la pietanza. Per una donna che mangiava anche la frutta con il pane, era un peccato mortale mangiare una fetta di prosciutto senza compesarla con mezza michetta. E io soffrivo la rigidità di queste imposizioni.
Ora sembrano passati duecento anni da quei giorni. Solo oggi sento di dover essere profondamente grato a mia nonna. Solo oggi provo orgoglio per l'educazione ricevuta da una donna che ha superato anni di guerre e carestie. Solo oggi capisco da dove mi arriva la forza e la caparbietà per superare i momenti di difficoltà.
Grazie nonna. Ho imparà a cumpesà!
Massimiliano Riva
CON IL PROF. SIMONE RIVA IN CLASSE SI PARLA IN LATINO (MH OK)
Con il prof Riva in classe si parla latino
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Con il prof. Riva lezioni in lingua: in classe si parla solo in latino
Simone Riva, giovane insegnante di latino di Monza, è l'idolo dei suoi studenti. Riva è uno dei pochi docenti in Italia ad insegnare la lingua attraverso il metodo utilizzato prima della fine dell'Ottocento. Partire dalla pratica, mettendo da parte il vocabolario e l'ossessione delle versioni
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sabato 25 luglio 2020
LA COSTRUZIONE DELLA CASA DEI RIVA A SANT'ALBINO (1915) (MH OK)
Caro Paolo
giovedì 23 luglio 2020
LA QUALITÀ FA 90. (MH OK)
Storia d'Italia e di un italiano.
#sonoquelchesono
domenica 7 giugno 2020
ALBERO GENEALOGICO DEI RIVA (MH OK)












































































































































































































































































